venerdì 8 novembre 2013

DOMANI REGGINA-PADOVA

NON MOLLEREMO MAI
di Gabriele D'Annunzio

La notizia del cambio relativo alle cariche societarie ha spostato, negli ultimi giorni, l’attenzione dal campo alle scrivanie: Pasquale Foti non è più il presidente della Reggina Calcio s.p.a. , la notizia è importante perché adesso dovrà essere chiamato “patron”, azionista di maggioranza, sicuramente non presidente. Cosa significhi questo avvicendamento sarà il tempo a chiarirlo, si tratta pur sempre di una società privata che, nell’espressione assembleare dei suoi soci, avrà trovato valide ragioni per queste nomine.  Sicuramente qualcosa porterà, gli scenari sono aperti, determinate scelte solitamente sono propedeutiche ad operazioni straordinarie.

In realtà le vicende societarie avevano preso spazio al campo già da tempo, infatti si è letto poco su temi calcistici,  tra i quali, ad esempio, le riapparizioni di alcuni elementi (Strasser, Rigoni) o addirittura l’apparizione di chi non aveva giocato neanche un minuto (Falco). Dal dopo Atzori si era preferito, per certo versi, seguire la moda del momento ed occuparsi della struttura societaria, legittimamente ma dopo un silenzio-assenso durato stranamente anni. La critica dei più ruota principalmente attorno alla figura di un Direttore Sportivo competente, che sappia dirigere chi va in campo, l’attività di scouting e chi allena, dando ormai per scontata la non corrispondenza del ruolo con le funzioni svolte da Giacchetta.

Nei casi migliori si è assistito a piacevoli lezioni di economia aziendale, applicata ad una società calcistica, che ci saremmo aspettati nei tempi delle vacche grasse, non oggi quando nella stalla è rimasta solo la paglia (forse). Il presidente ha gestito anni importanti, dove ha fatto tanto e sbagliato altrettanto, quelli belli sono coincisi sempre con una figura adeguata in panchina. Se proprio si deve contestare qualcosa di quest’anno è la scelta iniziale, alla luce delle distanze concettuali e programmatiche che ora sono emerse. Uno della sua esperienza non poteva prendere un allenatore che non condivideva, a torto o a ragione lo vedremo in seguito, l’obiettivo societario.

Ci sono esempi lampanti di allenatori-manager che mettono la società in buona luce. In serie A c'è una squadra, il Verona, che è quarto in classifica, ed è da quattro anni che vince. Avevano un DS dal 2010, Gibellini, praticamente  in conflitto perenne con Mandorlini (antipatico e tutto ciò che vogliamo, ma bravo) al punto che nel 2012 è andato via. Mandorlini è ancora lì, hanno un nuovo DS, Sogliano, dal 2012, ed il Verona continua la sua scalata. Il merito di questi quattro anni è di un DS come Gibellini "emarginato"  (quindi trattato come un problema) da Mandorlini o del nuovo, che lo scorso anno è arrivato con un progetto in corso e che ha ottenuto la promozione  come conseguenza di un percorso creato prima dall'allenatore? Nessuno dei due, il merito è del tecnico.

Ci sono certamente modelli societari dove le scelte sono condivise da un management sportivo, però esistono anche situazioni vincenti che hanno proprio nella figura dell’allenatore l’asse portante di tutta la gestione sportiva, altro esempio è Ventura al Torino. Basta azzeccare la scelta, come nel 2004, perché anche nel 2013 può funzionare. La ricerca di quella figura allenatore-manager finora è fallita, senza entrare nello specifico, sia col maturo (Novellino) che con i giovani  (Dionigi e Atzori), però non è sbagliata la ricerca di quella soluzione ma, appunto, semplicemente la scelta. Lasciare andare via Pillon, per poi richiamarlo dopo l’esonero di Atzori, significa aver commesso due, non uno, errori: 1) non riconfermarlo; 2) preso uno, in estate, che non era migliore di lui. Eppure lo avevamo scritto già alla fine dello scorso torneo ma purtroppo ci è cascato!

Adesso ci pare di aver ritrovato un pizzico della vecchia Reggina, cioè, quella società che interveniva  anche contro il parere della stampa (vedi Atzori). Appena arrivato, il nuovo tecnico, si è rammaricato della contemporanea assenza dei laterali; le sue parole sono state: “tolgo un difensore ed aggiungo un uomo più avanti”: significa che i cinque diventano quattro, o se preferite, dei tre ne rimangono due.  Il sistema di gioco è cambiato, la nuova disposizione in campo è il punto di partenza per la costruzione di un assetto più solido, con  lo sviluppo di intensità, innanzitutto nella prestazione difensiva e progressivamente della manovra. Il problema è che Castori è partito veramente dai fondamentali, da una squadra illogicamente lunga e larga che non apparteneva ai concetti moderni e che quindi da  rifondare con nozioni elementari.

Il suo inizio è stato caratterizzato dall’assenza dei laterali, fuori per infortunio, ma questa circostanza non l’ha posto al riparo da una critica spietata, che se può essere giustificata quando proveniente dal tifoso (irrazionale per natura), non è credibile quando è fatta dagli addetti ai lavori, a maggior ragione vale nei confronti di coloro che hanno sostenuto la precedente gestione. Castori ha trovato la squadra depressa e mal disposta in campo, da lì è dovuto partire. E’ inutile parlare di numeri quando siamo ancora all’abc, si dovrebbe avere la pazienza di aspettare almeno la pausa di gennaio per fare alcuni bilanci.

I cali denotati nei secondi tempi forse non sono solo frutto di apatia e poca tensione della squadra nella nuova gestione. Sembra che si stia intervenendo sul fattore atletico, dato per scontato prima dell’esordio. Il campo, sia contro il Pescara che a Latina, ha raccontato che l’ordine e la disciplina tattica sono scemate nella ripresa. La condizione psicologica è pessima, visti i risultati, pertanto rielaborare in maniera completa tale condizione psico-fisica, in ritiro, appare una scelta corretta e supportata da quanto si è visto.  L’organico lo riteniamo ancora valido, non sono le partite perse a farci cambiare idea. Si è partiti con l’handicap, è difficile persino sostenerla questa tesi, troppo facile il pessimismo e la rassegnazione, siamo cocciuti e non molliamo!

Per il futuro siamo moderatamente fiduciosi, in questa valle di lacrime, composta sicuramente da tanti tifosi che giustamente si sentono traditi ma anche da chi è nostalgico dell’amico da portare in giro per acquisire credibilità commerciale e da chi ha improvvisamente ritrovato una verve polemica dimenticata in passato. L’ambiente è delicato, siamo più o meno come in estate del 2006, quando ancora ci ritrovammo a difendere una società in difficoltà, che per il resto abbiamo sempre discusso, per assetto, scelte e comportamenti.

Come allora, i problemi ce li siamo creati da soli; come allora non ce la siamo sentita di fare gli avvoltoi. A chi è a terra porgiamo la mano, non i calci in faccia!  Adesso, come allora è facile dissociarsi, prendere le distanze. Noi ci stiamo dentro, dalla parte di chi è sotto critica feroce, lo facciamo per convinzioni calcistiche e valori morali.  Ci mettiamo i pensieri e la credibilità, così come abbiamo fatto quando è stato scelto Atzori, andando contro il dire comune. Sarà  che abbiamo visto qualche spiraglio di luce dentro e fuori dal campo, sarà che semplicemente non ci vogliamo rovinare il centenario, sarà quel che sarà … noi con ottimismo guardiamo avanti. Forza Reggina!
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