venerdì 24 gennaio 2014

DOMANI BARI-REGGINA

Rieccoci e bentrovati. Dopo la pausa invernale, ricomincia il campionato di B, la Reggina è impegnata a Bari, nella prima giornata del ritorno, sperando che sia un ritorno effettivo al calcio, dopo lunghi mesi di assenza. In questo mese di stop sono avvenuti molti cambiamenti intorno al mondo amaranto: è cambiata la guida tecnica, alcuni calciatori hanno salutato la compagnia, qualcuno nuovo, o al massimo usato, è arrivato, ma soprattutto si è compiuto il centesimo anno della nostra gloriosa squadra.

Chi scrive non è preoccupato né della posizione in classifica né del rischio di scomparire dal calcio, in controtendenza rispetto al dire comune. I motivi risiedono certamente nell’irrazionale ottimismo del tifoso così tanto allenato negli anni, ma sono anche legati ad altre circostanze. Nessuno dei tifosi più maturi intanto può negare che quando si giocava in serie C1, e non se ne veniva mai a capo, oppure quando si scivolava per due volte in C2, senza una società, senza un appiglio per il futuro, che si stava indubbiamente peggio. E si stava peggio perché non c’era neanche la possibilità di veicolare l’insoddisfazione verso qualcuno. Eppure, dal basso, è rinata una grande storia, fatta di successi e soddisfazioni, anche di delusioni cocenti, ma sono stati anni in cui tutta Italia ha conosciuto la Reggina, il suo pubblico, la sua passione; la nostra città ha potuto mostrarsi nel suo aspetto migliore, cioè, quello della partecipazione popolare.

I cicli, per loro natura, hanno andamento altalenante, la storia recente della nostra squadra lo conferma. Dopo gli anni bui, da cui siamo partiti, raccontando la storia che conosciamo per averla vissuta, si arriva agli anni di Scala con l’ambiente che si caricava partita dopo partita. Dopo quel biennio magico, dalla C alla quasi A, e la bella stagione di Bolchi, il ciclo riprese la via della discesa, fino ad arrivare alle porte della retrocessione dalla C1 alla C2. Un triennio di sofferenza cui seguì una rinascita con le stagioni dei play-off persi, della promozione e poi della permanenza in B. L’impennata migliore comincia, dal quattordicesimo posto in B, al decimo, al sesto, al sogno realizzato della A. Nove anni di massima serie, anch’essi con alti e bassi, con cadute e riprese, fino al 2009, anno in cui inizia il declino nel quale ci troviamo ancora.

Sarebbe troppo semplicistico aspettarsi qualcosa di buono per cabala, scaramanzia o ragionamenti statistici fatti di curve gaussiane. Il nostro ottimismo poggia su ciò che sta alla base, sulle intenzioni del manovratore.  Il presidente quest’anno ha sbagliato tantissimo, non è riuscito a dare forza ad un progetto tecnico con una figura solida, ha lasciato andare via un manager (Tolentino) che sarebbe stato molto utile in varie occasioni, prima fra tutte, la celebrazione del centenario nella data naturale, cioè, l’11 gennaio 2014 che per la società è saltata. Ha intrapreso un valzer in panchina che in otto mesi mostra questa sequenza: Pillon - Atzori - Castori - Atzori - Gagliardi/Zanin. Fermarsi al primo era troppo semplice, meglio complicarsi il lavoro a volte. Adesso che ne paghiamo le conseguenze, ci tocca sperare che la “strana coppia” riesca a ridare calcio ad una squadra che ha cambiato spesso, oltre gli allenatori, uomini, schemi e mentalità.

Ma in sostanza da dove altro nasce l’ottimismo? Nasce dalla certezza che il manovratore tutto vuole tranne che retrocedere; si alimenta anche dalle piccole cose, dall’osservazione di un mondo, quello amaranto, che abbiamo imparato a conoscere col tempo e, quando nel momento di maggiore crisi, vengono fuori certi argomenti, certi dibattiti, determinate trasmissioni, allora noi saltiamo a piè pari dall’altro lato. Perché ci viene troppo da ridere quando ex dirigenti, opinionisti e sapientoni, si riscoprono giudici implacabili del grande capo, cui contestano scelte che magari in passato venivano da loro stessi approvate. Basta aprire i social network per leggere gente che prima era “culo e camicia” con la società e adesso ne scrive di tutti i colori. La Reggina di Foti ha sempre prodotto, fin dalla vendita di Bellaspica, dopo alcuni giorni dall’ingresso in società; mai ci ha rimesso perché chi detiene la Reggina ha anticipato una modestissima cifra subito ripagata e non ha mai cacciato altri soldi!

Per quanto tirchio e detestabile possa apparire (e probabilmente essere), il presidente mai si abbassa a determinati livelli, mai attacca nessuno, sempre ha detto che si lavora con quanto si produce, cioè, con gli introiti. Questa è la base per ragionare, troppi hanno perso la memoria ed accettato passivamente questo compromesso (ormai storico) solo nei periodi vincenti, proprio quando ci guadagnava (e qui avete mostrato genialità). Quando si vendeva Bianchi, a rate, in sterline, addirittura si truffava sul cambio, equiparando sterlina ed euro, ed euro in lire (!) pur di minimizzare il cifrone che, unito alle altre operazioni, faceva tanto. Chi scrive discuteva anche con addetti ai lavori delle cifre, perché era quel calciomercato, in quel periodo storico che doveva significare la svolta della società; invece gli argomenti erano sottovalutati, anche perché in fondo erano “discorsi da bar”. Adesso sono da salotto quegli incassi, complimenti per la tempestività!

La storia però è fatta anche di comportamenti e scelte errate del presidente, che a volte allontana quelli buoni, come Iacopino. Raccontandola com’è, il signor Foti, prima di entrare nella Reggina, era un comune negoziante, come ce ne sono milioni in Italia; da molti anni ormai è diventato ricco ed abbastanza famoso, grazie alla Reggina. Questo non è mai stato accettato dai suoi detrattori, non accettano che sia potuto accadere questo, senza chiedersi se ciò abbia potuto portare benefici o no alla squadra ed alla città (in ogni senso…). Non riescono a metabolizzare un semplice teorema che vige da almeno cinque lustri: la Reggina va bene/Foti fa soldi; la Reggina va male/Foti non fa soldi.

A noi che Foti sia ricco, non ci interessa, saranno fatti suoi, a noi dà fastidio il Foti dei periodi buoni descritti in precedenza, quello che s’inceppa quando tratta la Reggina come se fosse un negozio sul Corso, il presidente che si confronta calcisticamente con i familiari (con tutto il rispetto, in linea di massima piatti e bucato attendono sempre), il presidente che preannuncia vittorie quando la storia della Reggina parla al contrario, il dirigente che passa un mese alla ricerca di un tecnico per poi accontentare una piccola minoranza sostanzialmente incompetente. Ci piace invece il presidente che chiude il cerchio e, piuttosto di correre appresso ai “consigli” degli amici, aspira dal sigaro e prende autonome responsabilità, come quella di ri-esonerare Atzori che, invece di allenare bene, faceva l’opinionista ed il critico di una squadra che poi era la sua, fino a mettere la strana coppia in panchina, pur di perseguire il suo pensiero datato di un organico con valori.

I movimenti sul mercato ormai sono chiari ed anche questa volta il concetto era espresso, fin dal dopo gara di Terni dove più che al mercato si guardava all’organico per risollevarsi. Da quel pensiero si era allontanato definitivamente l’ex-allenatore che, in piena osmosi con la stampa, raccontava un film diverso. E’ un rischio ma adesso siamo al punto, indietro non si torna. Nello spogliatoio, come si suol dire “si sono contati”, giocherà chi c’è con tutto se stesso, adesso bisogna dare risposte a tutti.

Abbiamo sempre messo il calcio al centro delle disamine, nel tentativo di contribuire nel nostro piccolo ad alcune riflessioni utili alla causa, torneremo a parlarne, sperando di raccontare qualcosa di diverso. 

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